Abstract
Il ruolo del sardo è ricostruito dalle origini lungo percorsi tematici e cronologici. Nel medioevo giudicati, monasteri e realtà urbane producono testi giuridici (varianti campidanese, logudorese, gallurese, arborense). La conquista aragonese arresta la formazione di una lingua nazionale ma, in ambito multilingue, nasce una letteratura religiosa in sardo. Dal Settecento (con il regno dei Savoia) il sardo si apre a temi culturali (Arcadia) e politici (moti antifeudali) del dibattito italiano. Nel Novecento, mentre il logudorese lascia il passo a varianti locali, la poesia subisce influssi non solo italiani e la prosa (traduzioni, racconti, romanzi), stimolata da riviste, premi letterari, istituzioni culturali, dà vita a ricerche linguistiche e fonetiche. La narrativa orale (tradizioni, leggende, fiabe, prediche) è, talora, di elevata qualità letteraria. Ancora oggi esistono improvvisazione poetica e gara di palco. Importante è il ruolo dell’editoria minore (anche fogli volanti e opuscoli).